Linguaggio dell'effettività

Il termine “linguaggio dell'effettività” (language of achievement) comparve originariamente in una lettera di Keats al fratello e fu poi mutuato da Bion (1962) per indicare una modalità comunicativa che fosse capace di descrivere e trasmettere l'esperienza di ineffabilità della relazione emozionale propria della situazione analitica. Un linguaggio, quindi, in grado di riconnettere l’uomo con la condizione Originaria di sé, quella dimensione “O” che per Bion è appunto l’Oggetto Psicoanalitico, permettendogli così di comunicarla. 

Quando un analista parla questo linguaggio, egli cerca di trasmettere (tollerandone i gradienti di incertezza e confusività) il flusso di emozioni inconsce che sgorgano spontanee quando sperimenta la piena presenza del suo analizzando e del suo legame con lui; l’analista si esperisce mentre ‘diventa’ l’O che nasce al suo interno e risuona con l’O dell’analizzando (Grotstein, 2007).
Bion lo contrappone al linguaggio convenzionale “sensually derived” che viene da lui chiamato “linguaggio della sostituzione” in quanto i suoi contenuti derivano della rappresentazione sensoriale ed astratta dell’oggetto (significante), che si sostituiscono all’esperienza dell'oggetto stesso (significato). Le possibilità di chiarezza categorica e scientifica di questa modalità linguistica orientata all'asimmetria (Matte Blanco, 1975) consentono un certo grado di libertà nel manipolare i concetti, rinunciando all'alone di ineffabilità, indeterminatezza e coinvolgimento personale nell'esperienza originaria da cui questi concetti sono derivati. È questa rinuncia ciò che, che nella pratica psicoanalitica limita il linguaggio convenzionale e rende necessario il ricorso a linguaggi con un maggiore gradiente onirico.
La differenza sostanziale fra queste due modalità di comunicare attraverso il linguaggio consiste quindi nel tipo di rapporto che si delinea fra l'esperienza in “O” di colui che parla e la derivazione linguistica di questa esperienza. Dire “gatto”, ad esempio, in linguaggio convenzionale vuol dire trasmettere l'immagine/concetto mentale del gatto attraverso la sua parola-segno corrispondente; la stessa cosa nei termini dell'effettività, vorrebbe dire trasmettere l'esperienza in continua evoluzione che sta suscitando, nel qui ed ora, l'incontro con quello specifico gatto e la risonanza con la “gattità” infinita e simmetrizzante di cui ogni singolo gatto è portatore.
Questo uso esperienziale, estetico, immediato del linguaggio può essere accostato, sotto certi aspetti, al linguaggio della pratica zen, delle filosofie orientali, od alla comunicazione esistenziale (Jaspers, 1923) per la loro capacità di suscitare epifanie, intuizioni ed insight.
Guelfo Margherita (2012) propone una traduzione più accurata utilizzando il termine “linguaggio della realizzazione” e lo individua come una delle modalità comunicative tipiche (un linguaggio onirico e bilogico) attraverso le quali comunicano e si comunicano gruppi, masse ed istituzioni.
Egli pensa che una delle possibili caratteristiche del linguaggio dell'effettività consista nell'agire il contenitore: ciò significa che attraverso di esso un insieme umano intesse il contesto emozionale (ovvero il contenitore, Bion, 1963) entro cui si esprime il senso della relazione fra le sue parti; un linguaggio cioé che aggrega gli elementi dell'esperienza entro un movimento di insight che porta all'emersione dell'informazione (in opposizione all'entropia) nel senso del caos deterministico. In questo modo il gruppo si realizza come un sovrasistema coerente (dotato di una identità), un contenitore entro cui si esprime il senso del proprio essere insieme e che parla attraverso l'innervazione viscerale del suo stesso corpo trans-personale.
Il senso di questa operazione si esplica in termini generali nella istituzione di un setting di lavoro utile a svolgere un determinato compito nella sua duplice funzione di trasformare la realtà ed elaborare le emozioni connesse a questa attività ed allo stare insieme. Questo linguaggio può essere pensato come un linguaggio del campo o del contenitore in grado di aggregare l'insieme conferendogli la sua specifica identità (Margherita, 2012) più appropriatamente un “linguaggio di contesto”.
Esempi di questo agire/comunicare contestuale possono andare dal gruppo di ominidi che, spinti dalla comune esperienza della fame, coagulano un gruppo di cacciatori che individua al suo interno differenti ruoli e funzioni e ritualizza i preparativi della caccia elaborando protomitologie entro cui dare senso all'eccitazione adrenalinica e all'angoscia di morte, fino al un gruppo di operatori psichiatrici che progettano un servizio di day hospital per la cura della malattia mentale proponendo spazi di riflessione e teorie per l'elaborazione delle emozioni connesse alle quotidiane attività terapeutiche (Margherita, 1984).
Questo aspetto attivo della creazione di nessi significativi pone il linguaggio dell'effettività come elemento di congiunzione fra acting-out ed enactment ed una delle sue modalità espressive all'interno dei livelli del multistrato complesso, può essere appunto l'interpretazione agita (Margherita, 1981).

Bibliografia

Bion W. R. (1962), Apprendere dall’esperienza, Armando, Roma 1972.
Bion W. R. (1963), Gli elementi della psicoanalisi, Armando, Roma, 2000.
Bion W. R. (1970), Attenzione e interpretazione, Armando, Roma, 1973
Grotstein J. S. (2007), Un raggio di intensa oscurità, Raffaello cortina editore, Milano, 2010
Jaspers K. (1931), Psicopatologia generale, “Il pensiero scientifico” editore, Roma, 1964
Margherita G., Agire e interpretare: psicoterapia psicodrammatica, "Progetto Psicoterapico", 1, 61, 1981
Margherita G., Utilizzazione di alcuni strumenti particolari per il programma terapeutico della psicosi: l'equipe e la struttura intermedia, "Neurologia, psichiatria e scienze umane", VI, 57, 1984
Margherita G., L’Insieme Multistrato. Gruppi, Masse, Istituzioni tra Caos e Psicoanalisi, Armando Editore, 2012
Matte Blanco I. (1975), L’inconscio come insiemi infiniti, Einaudi, Torino, 1981.

(Federico Pone, Salvatore Rotondi)