Il Calcio alla Gabbia

Guelfo Margherita
"Il calcio alla gabbia. Un Istituzione Psichiatrica come caso clinico”
Ed. 10/17, Salerno,
1997.

DALLA QUARTA DI COPERTINA

Questo libro si presenta come un manuale delle giovani marmotte dell'istituzione psichiatrica: vi si possono trovare suggerimenti pratici su che fare, come operare, come considerare la psicosi e come avvicinarsi ad essa, quali tecniche scegliere, a quali referenti culturali rifarsi, quali spazi di contenimento e di pensiero darsi, quali collegamenti ed alleanze istituire, quali pericoli evitare e come, quali nemici esterni a sè combattere, come proteggerci e sopravvivere dentro l'istituzione.

Ad un altro livello, ciò che ha accomunato me alle meravigliose persone con le quali ho condiviso questo percorso è stato l'aver sempre dato più valore alle emozioni che provavamo a contatto con gli accadimenti che alle stesse operazioni che compivamo. L'uso cioè cosciente del significato com-prensivo (anche in senso etimologico) del controtransfert. Il racconto delle nostre emozioni, così spudoratamente dichiarate nei resoconti, costruisce un filo lungo cui si dipana una storia umana, la nostra, che si rivela storia d'amore, di passione, di lotta, d'avventura. Se il racconto del nostro crescere nell'esperienza può dare il sapore del romanzo di formazione, la dimensione dell'autobiografia emozionale gli dà il senso di una costante autoanalisi. In fondo, anche se da un'ottica molto parziale, riuscivamo ad acchiappare l'immaginario ed il fantasmatico dell'istituzione nei movimenti e nelle fantasie, contattati e risvegliati dalla profondità dell'investimento affettivo, che ci si rivelavano nel nostro transfert-controtransfert.

Prefazione di Luigi Giordano (Aprile 1997)

Mi è capitato in sorte, mio malgrado, di incrociare quindici anni fa su una strada, la mia, ridotta a poco più che un cieco sentiero, l'autore di questo libro. Giungevo in casa sua senza conoscerlo e senza sapere esattamente chi fosse. Un viaggio di luglio, nel grigio delle nuvole e nei bagliori spettrali dei fulmini di un memorabile temporale estivo, mi aveva portato al parco Matarazzo tra un tir ribaltato e la mia macchina ingolfata dall'acqua e dal fango...Come quella matura che regola i maturi rapporti tra adulti e, perché no, come quella che può finalmente fiorire tra un figlio e un padre in grado di guardarsi negli occhi e dirsi negli affetti le consonanze e le differenze: il padre restando padre nella gioia dell'accoglienza, il figlio restando figlio nella certezza di un riferimento. Ma, al di là del privato, e a proposito del compito che mi è stato affidato dall'editore per questo libro, che cos'è questo libro? A ben vedere l'autore e il libro, come forse sempre accade ma ancor più in questo caso, sono esattamente la stessa cosa. E non solo e non tanto per quella naturale, e un pò ovvia, specularità che caratterizza il rapporto creatore-creatura. Non solo perché una scrittura è sempre il precipitato di una cultura, di un'anima, di una scelta che trova nelle definizioni intellettuali dell'autore i propri marchi di fabbrica. Quanto perché queste pagine, complesse, colte, in certi punti perfino letterariamente avvincenti, rappresentano, non solo fondate ipotesi esplicative di problemi teorici e applicativi in ambito psichiatrico, ma anche una radicale interrogazione del presente in nome di un divenire che ha al centro nuovamente l'uomo oltraggiato, vilipeso, abbandonato nella sua malattia e nel suo dolore da una certa scienza e da certe istituzioni. Questo libro è Guelfo Margherita. E' il rigoroso psicoanalista che ho conosciuto e col quale ho strutturato e destrutturato eventi, simboli, emozioni in anni e anni di lavoro. E' l'intellettuale dagli sguardi a distesa, in ascolto, libero da dogmi e soprattutto dai dogmi della psicoanalisi. E' lo studioso che ha dato al tempo la lentezza degli attraversamenti conoscitivi in uno spirito che si nutre del marginale, dell'invisibile, degli scarti della storia alta e in quegli scarti ricostruisce i tracciati delle radici umane. E' l'uomo semplice che ritrova gli echi delle proprie vibrazioni emozionali nelle terrificanti avventure di dolore che ha attraversato, governato, trasformato in luoghi e tempi da lupi. E' il maestro che forma e insegna negandosi, cancellando dal proscenio i costumi, le maschere vuote, i ruoli rubati a copioni impolverati dall'uso. Guelfo Margherita è questo libro. In queste pagine si ritrovano anni di lavoro senza bussole preordinate, contatti con la più radicale delle sofferenze accompagnati da una radicale capacità di soffrire rivolte e insofferenze umane e scientifiche contro la mortificazione istituzionale. Questo libro è Guelfo Margherito, gli somiglia come una goccia d'acqua, è il professore che ho conosciuto attraverso i silenzi, le interrogazioni degli sguardi, le risposte del volto, le provocazioni ironiche e chiarificatrici. E' anche, e soprattutto, lo scienziato che fa delle tenerezza un fondamento, dell'amore un protocollo obbligato, del sapere un ponte per la sofferenza. Quanta differenza, dunque, tra questo libro e le circostanze che, per certi aspetti, lo hanno provocato. Quanta sproporzione tra Guelfo Margherita, la cultura che gli esprime, il suo difficile impegno scientifico per la liberazione, e quelle istituzioni (delle quali qui parla e per le quali ha conosciuto perfino l'offesa del carcere) che ne hanno minata l'attività grazie anche a certa magistratura napoletana le cui vergogne non saranno portate mai in conto a nessuno e per le quali nessuno pagherà. C'è un aspetto del quale qui vorrei però, in conclusione, parlare: questo libro ha la sua utilità. E' un prezioso strumento per chi vuole e deve operare in ambiti psichiatrici sulla base di attendibili direttrici teoriche e sperimentali. Ma soprattutto è un libro col quale va tenuto un rapporto lento, approfondito, graduale perché il cuore della sua struttura, il suo significato forse più alto e meno appariscente, sta nel viaggio in quelle marginalità apparenti che ne fanno un vero e proprio inventario di microcosmi emozionali. Provi, infatti, il lettore a guardare con attenzione le giornate organizzate per i pazienti in un rapporto terapeutico tra i più singolari della cultura psichiatrica contemporanea. Provi ad osservare con quanta progettante dolcezza, con quanta finalizzata sensibilità, con quanta consapevolezza professionale Margherita organizza il tempo terapeutico di una giornata dei suoi Ivan Denissovic, collocando in una cornice di valori insospettati i gesti elementari dei suoi ammalati, offrendo agli oggetti e alle cose funzioni relazionali, collocazioni immaginarie, echi assolutamente imprevedibili.

 

 

INTRODUZIONE DEL PROF. GUELFO MARGHERITA

Leggi la recensione di Olga Pozzi

Leggi la recensione di Alberto Schoen e Franco Fasolo

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