20 Febbraio 2012 - intervento del prof. Guelfo Margherita
al Dibattito online dei soci SPI: "Istituzione, Gruppi e Alleanze Inconsce"
(1/2/2012 al 14/4/2012, a cura di Francesco Carnaroli e Claudia Pellegrini.)
Mai l’universo della mailing-list è stato, a mia memoria, percorso da scoppi di energia più numerosi, luminosi, variegati, violenti. Mi fanno pensare al festoso e creativo cielo della mia città la notte di Capodanno. Quant’è bella la mia istituzione che si sveglia. Quanto è viva quando reagisce ad un’atmosfera “d’attacco scientista” inalberandosi come un war horse. Me la vedo disegnata dall’Arcimboldo, con i suoi muscoli gonfi d’assunti di base, i suoi zoccoli, le froge e la criniera composti da omini con l’elmo. Uno di quelli sono “Io”; provo allora a mischiare la mia voce, unita e separata, a quella del “Noi”.
Assunto di base non necessariamente significa conflitto con il gruppo di lavoro. Penso all’energia passionale che esso può dare allo svolgimento del compito: ad esempio allo stato maggiore napoleonico, riunito intorno alla mappa (naturalmente calato nell’assunto di base adeguato), che come gruppo di lavoro elabora la strategia per la presa di Tolone.
Ma tra noi ora mi sembra che il contenitore del nostro dibattito sia caoticamente scoppiato e la sua energia, come rilevato anche da altri, sia migrata, magari un po’ agita, nella mailing-list. Non so in quale cornice collocare ciò che voglio dire. Mailing-list e Dibattito sono due vasi comunicanti tra cui oscillare. Nella Mailing-list gli interessi ed eventi che, a qualche livello, parlano da una parte del tentativo di pensare la difesa dell’identità o la genetica della filiazione analitica (gli emendamenti); dall’altra, nel Dibattito, il tentativo di capire come un istituzione, e non necessariamente solo la nostra, si muova come un sistema dinamico complesso. Cioè, parlando di caos, come un attrattore strano all’interno di un bacino di attrazione. Qui io non voglio fare un intervento sui contenuti (autismo, Corbellini, scientismo), con molti di quelli fatti finora mi identifico pienamente (ad es. Falci o Cotrufo); scelgo di oscillare nella sede del dibattito per portare più genericamente considerazioni su contenitore istituzionale e assunto di base. Sono infatti assolutamente deliziato dall’energia e dall’intensità messa in moto intorno ai contenuti dalla legittima protezione della nostra storica identità professionale e su come "Noi" come istituzione contenitore tentiamo operazioni per comprenderli, integrarli e gestirli. Resisteremo senza fratture, scismi, espulsioni (volutamente esagero, ma parlo anche della nostra storia)?
Non mi sento in grado di dare l’oneroso merito a “Corbellini ante portas” di avere scatenato questo ricchissimo caos energetico che riguarda: la psicoanalisi e l'autismo, la psicoanalisi e le sue utilizzazioni marginali, la psicoanalisi come istituzione, fare psicoanalisi nelle istituzioni, le frammentate e ri-composite figure di psicoanalisti che derivano dalla sommatoria di queste loro diverse (!?!?) attività, i tentativi di utilizzare il posizionare in setting atipici le potenzialità del nostro sapere senza incorrere nelle confusioni. Mi pare che il piano di relazioni tra queste dimensioni o viene frammentato e scisso oppure si configura come estremamente complesso. E volentieri, raccogliendo l’invito di Lorena Preta ad utilizzare la teoria del Caos (ottimo il manuale di Glieck del 1987 per i neofiti), mi piace pensare che questo sia un clima pre-biforcazione, un salto di bacino di attrazione delle traiettorie del sistema dinamico complesso della nostra istituzione; ciò frutto anche dei crescenti attriti, interni ed esterni, che le parabole della nostra identità collettiva e delle nostre prassi incontrano, da una parte nel verificarci come operatori a contatto con prassi non ortodossamente analitiche (autismo, psicosi, istituzioni, gruppi) che oramai rappresentano parte significativa del lavoro di un analista. Poi il contatto culturale con istituzioni scientifiche e burocratiche che magari ci richiedono maggior modestia e maggior realismo (o magari maggiori analisi scientifiche di realtà, cioè senso del nostro confine e del nostro limite). Richieste socio culturali, in fondo, di adattamento dialettico ad un dialogo scientifico post-moderno.
Vuoi vedere che il valore energetico simbolico della parola autismo, qui abbia profondamente a che fare con il dolore della nostra chiusura, non comunicabilità e non riconoscimento istituzionale; cioè il non essere in grado di renderci accettabili agli altri, e di rendere gli altri accettabili a noi?
Il tutto magari scatenato anche dal trascinamento gia notato da altri dell’avvio del nostro dibattito (Giliana Barbieri sulla mailing list). Sono i particolari marginali (piccole variazioni), che introducono imprevedibili combinatorie nuove e fanno salire il livello di complessità. L’oscillazione è ora tra due bacini d’attrazione: dibattito e mailing-list che terrei particolarmente, specie per le comprensioni future, a tenere in connessione anche se necessariamente separati; invierò pertanto il mio intervento a tutt’e due.
Torno ora a guardare la mailing-list e le sue energie individuali mi appaiono legate (magari da Rocchetto) in un insieme che è anche un luogo dove ognuno di noi o altri, magari anche istituzioni, può esperire un’identità comune con cui relazionarsi. Penso al mio war horse, o meglio forse ad uno sciame di imenotteri, che gli etologi chiamano superorganismo (Holldobbler e Wilson 2008). Un istituzione in cui evidentemente si sovrappongono in contemporanea gli stati di assunto di base e di gruppo di lavoro. Mi appare profondamente tenuta insieme dalle valenze che legano l’assunto di base; anzi, in un accesso di protomentalità, gli individui lo hanno addirittura cristallizzato nel loro corpo per svolgere ruoli del gruppo di lavoro. Sorretto dall’assunto di base dipendenza “nutrire le larve” il gruppo di lavoro operaie danza per scambiarsi informazioni su qualità, distanza e profumo dei fiori. Intanto i soldati scacciano uomini ed orsi dal miele e dall’arnia da difendere (attacco/fuga), e la regina, mangiando fuchi rinnova nel futuro il mito dell’alveare (accoppiamento). Quante identità fenotipiche sottese da uno stesso genotipo.
Forse, da Dawkins in poi dobbiamo considerare il gene egoista; ciò per noi significa per caso gene ortodosso? Un codice evolutivo più flessibile ci può, rispetto ad una sua interpretazione rigida, adattare meglio agli scambi vitali in quelle nuove nicchie ecologiche, lavorative e culturali (es. istituzioni, nuove patologie non raggiungibili, tecniche più utilizzabili dall’utenza), in cui dovremo necessariamente migrare per sopravvivere alla crisi reale di domanda psicoanalitica da parte di un utenza in estinzione. E nei nuovi territori dovremo apprendere nuove lingue da innestare con la nobiltà del nostro sanscrito oppure ostentare un linguistico imperialismo anglosassone.
Penso che fenomeni di reclutamento e messa in fase (uso una terminologia da reti neurali) provocate anche da piccole variazioni (Corbellini, autismo, apertura del dibattito), siano endemici, magari sottotraccia per la nostra biologia istituzionale che si scambia, nei luoghi propri, tra cui la mailing-list, le informazioni per il gruppo di lavoro comunque calato nell’atmosfera dell’assunto di base. Questo non è stabile ma può naturalmente cambiare: si può parlare non solo di attacco/fuga, ma anche per esempio di organigrammi, regole, doveri e diritti (dipendenza) oppure di filiazione, genetica e formazione (accoppiamento). Gli scossoni, piccoli o grandi (come ad es. l’idea di un conflitto istituzionale tra ruoli - ordinari e didatti ad esempio - per la gestione della filiazione) può cambiare l’assunto di base.
Assistere alle sue evoluzioni significa guardare quelle di un sistema dinamico complesso che si riassesta secondo le leggi del caos deterministico.
E veniamo all'attrattore strano: questo è la risultante, sommatoria vettoriale, delle traiettorie delle interazioni energetiche degli enti, quali variabili costantemente attive, all'interno di un campo (detto bacino di attrazione) creato dalle proprie energie.
E' mia impressione che dovremmo provare a considerare l'istituzione, anche la nostra, come un sistema la cui traiettoria dinamica di svolgimento sia espressa da attrattori strani.
Il più evidente, la risultante direi, è l'assunto di base. L'oscillazione può portare a spostamenti enormi legati a differenze anche piccole tra le condizioni iniziali. Ciò porta ai fenomeni di biforcazione che punteggiano l'evoluzione del sistema con imprevedibili "catastrofi" che possono andare dal cambiamento di assunto di base (nel nostro caso dalla dipendenza all'attacco-fuga) oppure al cambio di bacino d'attrazione (nel nostro caso dal dibattito alla mailing list).
Nella mailing list più aperta, più varia, più libera, possono essere meglio contenute variabili oscillatorie più ampie che hanno reso utile per il nostro dibattito la parziale migrazione energetica (esempio ne sono le mail tra Vergine e Carnaroli). Per non perdere la sua contestualizzazione vorrei che tutto questo materiale della list fosse recuperato come un agito che possa conferire senso più ampio al dibattito. Cioè un attraversamento creativo e un arricchimento dovuto ad un'accelerazione prebiforcativa. Alle nostre dirigenze il compito difficile, navigando nella ricchezza della tempesta, di riuscire a guardare e regolare trasformazioni di identità in nuce verso condizioni meno ideologiche e più legate alle richieste della realtà sociale in cui siamo calati.
Penso allora che anche etologia e teoria del caos (come esempi dell' ibridazione scientista da me tentata) possano essere discipline altre che ci propongono punti di vista e bacini di interessi, magari al limite dell'eresia rispetto a canoni classici rigidi, ma utili per farci conoscere i campi mentali collettivi, cioè le istituzioni psicoanalitiche o altre, dentro cui si svolge comunque il nostro lavoro individuale.
L'augurio potrebbe essere quello dell'utilizzazione della potenza mistica della biforcazione per riorganizzare un emergente più fluido in un più realistico establishment.
N.B.= Il Creonte che il mio Bertoldo incontra nel mio primo intervento, non è quello intransigente di Sofocle, ma quello molto più duttile e lacerato, più umano cioè, di Anouilh (1941). In questa Antigone contemporanea lei non si batte per la legge divina, ma per il diritto alla espressione del suo sentimento; Creonte invece sperimenta lo strazio di essere contemporaneamente uomo ed istituzione e il sacrificio di scegliersi istituzione per il bene della regola.